Ho scattato molte fotografie agli ospiti del centro diurno della Cooperativa ‘Il Faggio’ e sin dal primo giorno ho percepito in modo chiaro la propensione naturale di ognuno di loro a relazionarsi con il prossimo in modo diretto e senza filtri. Ritrarre le persone facilita la comprensione di queste dinamiche relazionali. Il mirino della macchina fotografica crea un rapporto molto stretto che mette a fuoco aspetti comportamentali spesso non immediatamente visibili. Da questi presupposti ritengo che il racconto dell’esperienza che ho avuto il privilegio di vivere diventi una occasione di riflessione per ognuno di noi. Viviamo una società imprigionata nell’apparire, che ha perso di vista il valore della verità come segno di bellezza. ‘A lati’ vuole far scaturire riflessioni sui nostri valori e sui nostri giudizi. Raccontare queste storie penso possa aiutare a liberarsi da stereotipi che sono alla base delle valutazioni che spesso condizionano e imprigionano queste vite. L’esperienza fatta racconta di una forte propensione alla relazione e al dialogo anche attraverso la corporeità. Gli occhi, i sorrisi, e anche la mimica ci parlano e ci interrogano costantemente. La loro comunicazione fa entrare nella loro visione chi sta fuori, come è capitato e me, ma ancor più libera, finalmente chi sta dentro, restituendogli il suo posto in un mondo che lo ha spesso messo da parte. In un mondo ad alta competizione, in cui pensare è spesso sinonimo di incasellare e le fragilità sono marginalizzate, ‘A lati’ prova a proporre un nuovo punto di vista in cui cambiano i protagonisti e in primo piano c’è chi resiste e che, attraverso la sua umanità, ci indica una nuova via.